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quella fatalità, agli effetti di quella minaccia, legandola inconsideratamente alla sua vita.

Così tra la marchesa e lui, sin dalle prime settimane della loro vita in comune, si era interposto qualche cosa, che a lei pareva freddezza e a lui istintiva repulsione; a lei naturale rifiorire di sensazioni e di sentimenti che lo inducevano a confronti nei quali ella immaginava di doversi trovare inferiore a quell’altra; a lui, se non rancore, dolente rimprovero di scoprirsi immeritatamente ingannata.

Nessuno dei due osava affrontare una spiegazione; temevano di far peggio, di apprendere cose che avrebbero voluto ignorare e delle quali sarebbe stata peggiore la certezza che il sospetto.

Ella cercava di prevenirne ogni desiderio, fargli scorgere che se nella di lui vita era avvenuto un gran mutamento, era stato in meglio e non in peggio. Egli tentava di mostrarle in ogni occasione un’assoluta fiducia nella bontà e nell’affetto di lei; e metteva in ciò una specie di ostentazione, di cui la marchesa si accorgeva e che non le sembrava buon segno.

Timidamente un giorno ella gli aveva detto:

— La povera mamma Grazia si stanca sùbito; non può badare a tutto. Io non vorrei darle il dolore di veder in casa nostra un’altra persona di servizio; l’aiuto dove e come posso. Ma non solamente le mancano le forze, perde ogni giorno più la memoria.