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una gaiezza di freschi gorgheggi che ringiovaniva ogni cosa.

Quando però la signora Mugnos e Cristina erano andate via, il marchese aveva avuta la sgradita sorpresa di riconoscere che quella sensazione di rinnovellamento proveniva principalmente dalle impressioni puramente materiali della presenza di persone quasi estranee a lui, e che niente o poco assai era mutato dentro di lui.

Nell’intimità dei primi colloqui, Zòsima aveva commesso l’imprudenza di parlargli del passato, di quegli anni di tristezza trascorsi nella sua cameretta, senza il minimo luccicore d’una speranza lontana, delle trepidanze e degli scoraggiamenti che l’avevano fatta esitare ad accorrere al richiamo di felicità quando egli aveva chiesto la mano di lei.

— Saprò farvi dimenticare tutto?

— Ho già dimenticato, poichè voi siete qui.

— Vorrei darvi ogni felicità.... Mi sentivo più sicura, più coraggiosa allora, quando attendevo di giorno in giorno, di momento in momento, una parola che non vi usciva mai da le labbra, e che pure mi sembrava di leggervi chiaramente negli occhi.

— Non v’ingannate. Ero timido; e poi, allora vivevano mio padre e mia madre; mi sembrava che io non avessi il diritto di manifestare un desiderio, di prendere una risoluzione. Mi avevano educato a una sottomissione assoluta. Dopo, quando