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da una cert’aria stanca della persona, le domandavano se per caso non si sentisse leggermente indisposta, sorridevano credendo che si trattasse di indizi da cui potevano trarsi lieti auspicii.

Ella negava:

— No, no; sto bene, molto bene anzi. Che mi manca?

— Che può mancarti, figlia mia? — le diceva la baronessa. — Ma non c’è da arrossire, se hai già la fortuna....

— No, zia!... Ve l’assicuro!

— Che ti senti dunque? Sei palliduccia....

— Niente mi sento, zia. Sono sempre stata un po’ pallida.

— Un mese fa eri diventata rosea; sembravi un’altra. Ora tua madre n’è un po’ impensierita. Dovresti smettere questi abiti troppo scuri. Ricòrdati che sei sposa, che sei la marchesa di Roccaverdina....

Zòsima aveva voluto conservare le modeste apparenze di quand’era semplicemente la signorina Mugnos, anche per un riguardo alla madre e alla sorella. Il marchese, nel contratto matrimoniale, le aveva costituito in dote la vasta tenuta di Poggiogrande, autorizzandola a voce, anzi volendo che ella disponesse della rendita in favore della madre e della sorella in maniera da non offendere il loro legittimo orgoglio.