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con la stessa importanza delle màcine, della pigiatrice, degli strettoi e di tutti gli altri arnesi che lo tenevano occupato, senza che gli facesse vibrare nel cuore qualche cosa di più intimo, di più dolce di cui ella stessa non aveva chiara e precisa idea, ma di cui le era doloroso notare la evidente mancanza.
Temeva però di ingannarsi; temeva specialmente di sembrare o di essere incontentabile e quasi ingrata, chiedendo alla sua sorte un compenso più largo di quel che era stato ora concesso alle sue lunghe sofferenze, alla sua costanza, a quella segreta dedizione con cui ella si era votata a lui quando egli ne aveva perduto ogni ricordo, tutto preso dall’altra, più giovane, più fresca di lei, e che certamente doveva essergli parsa anche molto più bella.
E perciò la gelosia di quel passato tornava a rigermogliarle nel cuore come una volta. Allora si era rassegnata; oggi ella sentiva che non avrebbe potuto rassegnarsi più. Che confronti faceva dunque il marchese? Che cosa occorreva per impedirgli che li facesse?
La signora Mugnos, la baronessa, Cristina, tutti coloro che per una ragione o per un’altra l’avvicinavano, le facevano capire chiaramente che la credevano felice. E quando, accorgendosi della lieve ombra di tristezza che le velava gli occhi o traspariva da un caratteristico atteggiarsi delle labbra, o