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Aveva pianto nella sua cameretta, si era chiusa nell’ombra discreta con nel cuore sempre vivissima l’immagine di colui che l’aveva fatto palpitare la prima volta; e si era votata a quel ricordo nell’isolamento, senza nessuna speranza, non osando neppure lamentarsi della sua cattiva sorte, sopportando con mirabile rassegnazione tutte le umiliazioni della miseria; consolata unicamente dal ricordo di quei lontani giorni, di quei mesi, di quei due anni in cui tanti piccoli fatti, tanti lievi indizi le avevano popolato di gentili chimere la mente, e rallegrato di un continuo sorriso la bella bocca e gli occhi azzurri.

Così era quasi sfiorita, pregando ogni sera per lui; grata di dovergli una consolazione ch’egli certamente ignorava; grata di potere, di quando in quando, pensare e fantasticare quel che sarebbe potuto avvenire e non era avvenuto e che ella credeva non sarebbe più avvenuto. Orgogliosa che mai un suo atto o una sua parola non avessero rivelato a qualcuno la sopravvivenza di un’illusione della sua giovinezza, ella era rimasta turbata il giorno in cui la baronessa di Lagomorto le aveva fatto capire fuggevolmente, con rimpianto, che anche lei si era illusa di vederla entrare in casa Roccaverdina per continuare la tradizione delle sante donne massaie e caritatevoli, delle quali il ricordo durava ancora.

Una santa la nonna, vecchietta grassa e piccola, che