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Cecilia, figlia dello zio don Tindaro, gli venne incontro nell’anticamera, tenendo i suoi due bambini per mano.

— Grazie, marchese! — singhiozzava. — Fategli coraggio.

— Ma è dunque vero? Io credevo che si trattasse di un’esagerazione di mamma Grazia.

— Questa volta è grave assai; può rimanere soffocato da un istante all’altro.... Per fortuna il Signore gli ha toccato il cuore.... C’è di là il prevosto Montoro.... Lo ha voluto lui, per confessarsi.

— Per confessarsi? — domandò il marchese, sospettando di aver capito male.

Cecilia non badò a rispondergli vedendo uscire il prevosto dalla camera del malato.

— Vado e torno subito — disse questi, avvicinandosi senza salutare il marchese a cui teneva ancora broncio pel crocifisso regalato alla chiesa di Sant’Antonio. — Precauzione e nient’altro signora. Il cavaliere può essere fuori di pericolo in un baleno; è caso ovvio in questo genere di malattie. Non bisogna disperare.

La signora Pergola si asciugò le lagrime, si ricompose e disse al marchese:

— Venite, venite!

Ma egli si era arrestato su la soglia della camera; non credeva ai suoi occhi.

Sul cassettone, parato con tovaglia da altare, tra