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— Nulla.... Al solito.... È qui. Da un pezzo mi viene davanti senza che io lo èvochi.
Don Aquilante non aveva più osato di riparlargliene dopo quell’esperimento mal riuscito, nè il marchese gli aveva più domandato, per canzonarlo: — E gli Spiriti? — distratto da tante occupazioni. Ma in quel momento, colto alla sprovvista egli si lasciò sfuggire:
— Lasciatemi in pace!...
Si corresse subito però:
— Ricominciamo la farsa? — disse. — Mandatelo al diavolo, se è vero!... Parliamo di affari.
— È un grande affare anche questo — rispose don Aquilante con gravità. — Se si potesse almeno rivendicare la reputazione del poveretto morto in carcere!...
— Non avete altra gatta da pelare, voi?
E tagliò corto al discorso.
— In quanto al canonico — soggiunse dopo alcuni istanti di silenzio — scrivetegli pure che strozzi un altro.
Mentre mamma Grazia preparava la cena, il marchese, con un lume in mano, andava da una stanza all’altra per distrarsi, osservando l’effetto delle novità operate, fantasticando intorno a quel che ancora mancava nell’ammobiliamento; tentando d’immaginarsi Zòsima da padrona di casa colà dove quell’altra era stata quasi tale dieci anni; riflettendo su