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tava maestosamente dorando la campagna attorno, egli ebbe, lungo la strada, sempre davanti agli occhi la visione della cupa notte in cui la gelosia lo aveva spinto ad appostarsi dietro la siepe; e col bagliore della fiammata e con la sensazione del rimbombo del colpo sparato, il grido acuto del colpito che cascava da cavallo e quella dello scàlpito della mula fuggente spaventata.
E intanto, rispondendo al notaio Mazza che gli stava a fianco nella carrozza, parlava a voce alta quasi per stornarlo dal leggergli su la fronte il pensiero che gli sembrava dovesse essere visibile, tanto insistentemente lo tormentava.
Quell’imbecille di notaio gli aveva mutato in veleno tutto il piacere della lieta giornata! E così il marchese era arrivato a casa di gran cattivo umore.
Mamma Grazia gli annunciava dolente:
— Tuo cugino sta male, figlio mio! Ha mandato tre volte da questa mattina, vuole vederti prima di morire
— Prima di morire? — esclamò il marchese stupito.
— Così ha detto la serva. Piangeva. Il Signore lo ha chiamato; si mette in grazia di Dio!
— Sì, va bene — rispose il marchese. — Andrò domattina.
Aveva crollato la testa sorridendo delle ultime parole di mamma Grazia.