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Ho pregato anche la signora marchesa. Mi avevano consigliato: — Andate da lei! — Che ne so io come vanno queste cose? E la buona signora mi ha risposto....

— Niente! È impossibile! Ho fatto quel che ho potuto!

Aveva rabbia di tremare, come dinanzi a un giudice, davanti a quella povera donna coperta di miserabili stracci neri, sfiorita pel dolore e per la miseria, mal lavata e mal pettinata, e che conservava un lampo della vantata bellezza soltanto negli occhi grandi e neri, gonfi di lagrime.

— È vero! Glielo renderà in paradiso la Bella Madre Santissima! Io non ho parole per ringraziare voscenza! E il Signore deve darle, in compenso, cento anni di salute e di prosperità! Come dovrà dare fuoco in questa e nell’altra vita alle male persone che hanno fatto morire in carcere l’innocente di mio marito!... Era innocente, eccellenza! Innocente come Gesù Cristo messo in croce!

— Non l’ho condannato io — biascicò il marchese.

— Che c’entra voscenza? Dicevo: le male persone.

Ogni parola di lei gli aveva trapassato il cuore come una punta di stile.

Fortunatamente era sopravvenuto il cavalier Pergola, affannato, sudato, con gli occhi scintillanti per le buone notizie che recava.