Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/231


― 227 ―


— Transigiamo. Due, tre nomi: questi.

— Si può dire di no al marchese di Roccaverdina?

Gli altri, contadini, operai, qualche galantuomo di quelli col don ma scarsi di quattrini, li mandava a chiamare con diverse scuse, o semplicemente con un: — Il marchese vuol dirvi una parola

— Vi darò io la scheda.

— Come voscenza comanda.

— Segnata, badate!

— A mio compare, eccellenza, non posso fare un torto; ho promesso.

— Vada per vostro compare.

Qualcuno si grattava la testa, impacciato.

— Che c’è?... Ti pagano?

— Che vuole, voscenza! Ho moglie e figli... Le male annate... Con lo stomaco non si scherza!

— Ti do il doppio; ma, il giorno avanti, in casa mia, per evitare le tentazioni; non sarai solo.

E se incontrava qualche resistenza, il maluomo veniva fuori in lui. Si trovava nel ballo, e doveva ballare, in tutti i modi, con tutti i mezzi, e non rifuggiva dalle minacce:

— Me la legherò al dito! Arriva un momento che in questo mondo si ha bisogno di qualcuno. Non vi lagnate se allora....

Addestratosi subito nelle manovre elettorali, già prendeva gusto alla lotta e vi si accaniva come non aveva mai immaginato che potesse accadergli. Era