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— Siamo in mano di una serqua di sagrestani! Bisogna spazzarli via. Sagrestani e borbonici! Attendono da un momento all’altro il ritorno di Franceschiello....

In fondo in fondo il marchese era un po’ borbonico anche lui.

L’Italia una, sì, gli sarebbe parsa forse una bella cosa, se non avesse portato con sè tante tasse che non lasciavano rifiatare; ma a lui, che di politica non si era mai occupato, poco importava che il re si chiamasse Franceschiello o Vittorio Emanuele. La libertà egli la capiva fino a un certo punto. Chi gli aveva dato noie nel passato? Aveva sempre fatto quel che gli era parso e piaciuto in casa sua; non cercava altro.

Suo nonno e suo padre si erano procurati parecchi fastidi per essersi mescolati in certi affari; il nonno specialmente, carbonaro arrabbiato nel venti! Che n’avea ottenuto? Aveva dovuto acquattarsi per vivere in pace. E suo padre nel quarantotto? Capitano della guardia nazionale, per poco Satriano non lo aveva fatto fucilare. Ecco i bei guadagni dell’occuparsi di politica! Almeno con Ferdinando II e Franceschiello, si stava tranquilli. Niente lotte municipali. I Decurioni, come allora si chiamavano i consiglieri, li eleggeva il Sottintendente e nessuno osava di rifiatare.

Il cugino Pergola si arrabbiava sentendogli ripetere queste cose: