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Il marchese avrebbe voluto interromperlo sùbito, appena pronunciato il nome di Agrippina Solmo; ma, nella gran tristezza che gl’infondeva la pioggia, quello spiraglio sul passato aperto dalle parole dell’ingegnere, quell’evocazione inaspettata lo avevano un po’ commosso, spingendolo a ricordare tante e tant’altre cose con lieve senso di rimpianto. Perchè, infine, la colpa era stata tutta sua. Per vanità di casta, per premunirsi contro sè stesso, egli aveva dato marito alla Solmo, con quel tirannico patto, senza punto riflettere alle sue possibili conseguenze.

L’ingegnere, vedendo che il marchese taceva, e supponendo che gli accenni al passato gli fossero dispiaciuti, tratto di tasca un sigaro e accèsolo, si era messo a fumare e a passeggiare per la stanza, stirandosi le fedine.

Il marchese intanto, tenendo ancora fissi gli occhi su gli eucalitti grondanti d’acqua, rincorreva col pensiero una figura bianca, con le treccie nere sotto la mantellina di panno blù cupo; e rincorrendola per luoghi da lui visti anni addietro, tra casupole arrampicate a la roccia quasi ad accovacciarvisi al riparo del vento, sentiva un sordo impeto di gelosia diversa assai da quella sentita una volta.... Poteva forse dubitare ora? Poteva forse indignarsi?... Non era egli stato contento che colei fosse andata ad abitare in quella lontana città mezza rannicchiata nell’insenatura di una roccia, in una di quelle ca-