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tirsela sbattere su le teste scoperte, su le facce sporte indietro, su le mani levate in alto con le palme riunite a mo’ di coppa per raccogliere quella grazia di Dio, che irrompeva con impeto, rumoreggiando su le tegole, riversandosi dai canali, formando rigagnoli e gore dove si gonfiavano e scoppiavano mille bollicine, quasi l’acqua ribollisse.

E, sotto la pioggia, parecchi erano tornati prima di sera lassù, a osservare dalla spianata del Castello le campagne sottostanti che bevevano, bevevano, bevevano e non riuscivano a saziarsi. Le viottole però, i sentieri, le carraie luccicavano, segnando una gran rete argentata su i terreni scuriti; e luccicava il fiume ingrossato, che serpeggiava lambendo il pie' delle colline; e luccicavano i rigagnoli rovesciantisi su la pianura dai dossi rocciosi delle colline che non sapevano che farsi dell’acqua e la rimandavano a chi più ne aveva bisogno.

E la pioggia continuava, fitta, uguale, senza tregua, stendendo un immenso velo che nascondeva le linee, i contorni, i colori, sfumando le masse delle colline e delle montagne, facendo quasi scomparire l’Etna, da farlo supporre una nuvola scioglientesi in pioggia anch’essa, laggiù, lontano.

Il cavaliere Pergola, riparato dall’ombrello, cercava con gli occhi i suoi piccoli fondi che si distinguevano appena, uno a diritta, uno a sinistra, un terzo più giù: e guardava anche verso Margi-