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XVIII.


Erano anni che il marchese e suo zio il cavaliere don Tindaro non si guardavano in faccia.

Dal giorno che il marchese non aveva voluto permettergli di metter sossopra i terreni di Casalicchio per scavarvi le antichità che, secondo lui, vi si trovavano sepolte, don Tindaro, soprannominatolo sprezzosamente marchese contadino, gli aveva fin tolto il saluto.

Ora si erano trovati inattesamente faccia a faccia nello stesso albergo, in Catania; il marchese, per un prestito di settantamila lire presso il Banco di Sicilia, il cavalier don Tindaro per la vendita della sua collezione di vasi antichi, di statuette e di monete, a un lord inglese che, egli diceva, buttava via le sterline quasi fossero soldi.

E la gioia per quella vendita era stata tale, che il cavaliere, dimenticata la grave offesa della non