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un tratto, aggiustandosi in capo il berretto di martora.

— Dice compare Santi.... — cominciò l’avvocato.

— Per fare un piacere a voscenza — soggiunse il vecchio contadino.

— Un piacere a me? A voi stesso più tosto. Si tratta, suppongo, di quella lingua di terreno, è vero?

— Eccellenza, sì.

— Compare Santi era mal consigliato — disse don Aquilante.

— Sono vecchio, eccellenza. Ho consumato la mia vita su quelle zolle. Che vuole? Ho piantato io quegli alberi; e mi paiono figli miei. E quella casetta l’ho fabbricata io, con queste povere mani. Voscenza vuol bene a Margitello? Vuol bene alla casina, colà? È la stessa cosa per me. Chi poco ha, caro tiene. Le male persone però vogliono farmi passare una cattiva vecchiaia. Come hanno potuto dire che ce l’avevo a morte con la buon’anima di compare Rocco? E voscenza lo ha pure creduto! E il giudice istruttore mi ha tenuto due ore tra le tanaglie, per strapparmi di bocca: — L’ho ammazzato io! — Perchè dovevo ammazzarlo? Perchè compare Rocco faceva gl’interessi del suo padrone? Perchè più volte mi aveva accusato di alterare il limite? Il pretore però non ha potuto mai condannarmi.... Basta! Ho detto: Finiamola! Il signor marchese vuole così? Sia fatta la sua volontà!