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si sentiva rimescolare da terrore quasi puerile, e chiamava sùbito:

— Mamma Grazia!

In quel momento voleva qualcuno che gli stèsse vicino e lo aiutasse a vincere quell’impressione.

Mamma Grazia accorreva.

— Che vuoi, figlio mio?

Ed egli la intratteneva con un pretesto qualunque, fino a che la interna visione non si affievoliva, non si scancellava e non lo lasciava di nuovo tranquillo.

Qualche volta gli passava anche per la testa il timore che don Silvio non andasse a denunciarlo, in un impeto d’ingenuità o di compassione pel condannato a torto.

Incontrandolo, è vero, il sant’uomo lo salutava umilmente, al suo solito, con quel soave sorriso che gli illuminava il volto pallido e scarno. Il saluto: — Buon giorno, marchese! — Servo suo, marchese! — aveva però, o gli sembrava, la stessa intonazione delle ultime sue parole in quella notte, miste di compianto e di rimprovero: — Ho dimenticato!... Ah, signor marchese! Ah, signor marchese! — Ma la convinzione che i confessori, per speciale grazia divina, non potessero rivelare i peccati dei penitenti, lo rassicurava.

Infine, che prove avrebbe potuto dare don Silvio? La sola sua affermazione non era sufficiente!

Per tutto questo, sere addietro, egli aveva ascol-