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mangiava sul desco di pietra, nella corte di Margitello, un’insalata di pomidori, col fiasco di terracotta stagnata da un lato, e con la grossa pagnotta di pane scuro dall’altro, nell’atto di tagliarsene larghe fette da intingere nel condimento. La Solmo, coi capelli disciolti, quando si pettinava in maniche di camicia, e buttava indietro, con grazioso movimento della testa, parte della chioma nera e folta, legata rasente la nuca con la stringa; o quando, lavata e pettinata, innaffiava le graste di basilico e di garofani su pei terrazzini, orgogliosa di quei folti e rotondeggianti cesti di basilico, che ella accarezzava con le mani per impregnarsele di odore e annusarle deliziata.

E mai l’uno o l’altra in circostanze gravi, in atteggiamenti di rimprovero o di accusa, o semplicemente in atto di discorrere con lui o di stare ad ascoltarlo, no; ma occupati in qualche faccenda per conto loro, senza sospetto di essere osservati.

Apparivano improvvisamente e allo stesso modo sparivano, e non gli lasciavano altra impressione all’infuori dello sbalzo e di quella curiosità di sapere per quale nascosta ragione fossero apparsi e spariti.

Soltanto allorchè, allo stesso modo, egli rivedeva il gran Crocifisso che lo guardava, lo guardava con gli occhi velati dallo spasimo dell’agonia, agitando le labbra tumide e pavonazze per pronunziare parole che non prendevano suono, soltanto allora egli