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Ora non gl’importava più di sapere precisamente chi l’avesse mandata quel giorno. Pensava soltanto che la giustizia umana si era legate le mani da sè, condannando Neli Casaccio; e che la giustizia divina doveva essere, in parte, già appagata dalla confessione spontaneamente e sinceramente fatta un’ora fa. Se il confessore non avea voluto imporgli una penitenza, se si era rifiutato di assolverlo, non era colpa sua.

Forse, scegliendo un altro sacerdote.... Si era lusingato che don Silvio La Ciura, tenuto per santo dal popolino — gli attribuivano anche parecchi miracoli — avesse dovuto giudicare meglio di tutti le circostanze per le quali un marchese di Roccaverdina era potuto diventare assassino.

E spogliandosi per andare a letto, esaminava freddamente il suo stato d’animo di quei giorni.

Una vampa di pazzia lo aveva avvolto! Si era creduto davvero stregato, come diceva mamma Grazia. Il colpo di fucile che aveva ucciso Rocco doveva però anche aver rotto la opera diabolica di quella donna, se egli si era sentito invadere immediatamente da invincibile avversione, da odio verso colei, appena ella poteva essere tutta sua, unicamente sua, come la desiderava e voleva prima di ammazzare lo spergiuro!

E quel sant’omo di don Silvio gli proponeva di denunciarsi, di prendere il posto di Neli Casaccio!