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recarono un giorno una tavoletta di legno, quadrata, con l’immagine del campo di battaglia, con le fosse tracciate a difesa dell’esercito. Sopra quella tavola stavano schierati due eserciti in legno e in avorio, capitanati dai loro re, coi cavalli e gli elefanti e i ministri. Avanzandosi i due eserciti secondo le loro mosse stabilite, combattevano, e uno dei loro re, alla fine, doveva soccombere. Recato il giuoco meraviglioso alla madre inconsolabile, essa, giocando, giunse anche a capire che, combattendo due re, uno doveva soccombere certamente. Così ella passò i giorni e le notti intere attendendo a quel gioco, che le rappresentava la sorte dei due suoi figli, addodolorata e piangente, finchè, estenuata dalla veglia e dal digiuno, morì. Questa è l’origine del giuoco degli scacchi.
Un giorno il medico Berzûy, dichiara al re Anûshîrvân di aver letto in un libro trovarsi in India un’erba portentosa che può anche risuscitare i morti. Berzûy è mandato in India per farne ricerca, ma per quanto egli s’aggiri per monti e per valli raccogliendo erbe e fresche e secche e ponendole su cadaveri per ritornarli a vita, egli non può trovar l’erba desiderata. I medici e i saggi ch’erano con lui, mandati dallo stesso re d’India, gli suggeriscono di interrogar su tale argomento un vecchio solitario. Il vecchio gli dichiara che per quell’erba portentosa devesi intendere il libro di Kalîlah e Dimnah che si conserva nei tesori del re d’India. Questi, richiesto di mandarlo al re Anûshîrvân, lo manda, benchè a malincuore, non osando negar nulla a un re così grande e potente. Così il libro di Kalîlah e Dimnah, libro di favole, passò nell’Iran.