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stento, senza conforto di cibo, e costretto a raccogliere le immondizie del suo cavallo. Fattosi poi riconoscere per il re, egli dona a Lanbek le ricchezze dell’avaro giudeo e costringe costui a fare il mestiere dell’acquaiolo. Più tardi egli proibisce l’uso del vino per le sconcezze a cui esso conduce, ma poi è costretto a permetterlo ancora per evitar i danni che la sua mancanza produce. Permettendo un suo ministro, per un momento, una specie di socialismo in un villaggio che si era mostrato poco rispettoso verso il re, quel villaggio è distrutto dalla discordia e dal furore degli stessi abitanti, e poi riedificato da un vecchio che vi riconduce l’ordine e la tranquillità.

Behrâm-gôr intanto sposa le figlie di un mugnaio che gli avevano cantata una bellissima ballata, trova i tesori di Gemshîd, uccide un dragone, sposa la figlia di un borgomastro, poi quella di un gioielliere, passa una notte in casa del ricchissimo Fershîdverd che si finge povero; ma egli, uditi i lamenti dei lavoratori di Fershîdverd nei campi, toglie all’avaro ogni sua ricchezza e la spartisce fra quella misera gente. Uccide leoni e onagri alla caccia e ritorna poi co’ suoi principi a Bagdad e ad Istakhar.

Il principe di Cina invade il regno, e i grandi dell’Iran muovono acerbi rimproveri al re per la sua vita spensierata. Egli però accorre con le armi e fa prigioniero il principe nemico, fa un patto anche coi Turani e fa elevare una pietra perchè segni il confine dei due regni. Ciò fatto, egli ritorna nell’Iran e là si fa a comporre un libro di avvertimenti, ha una disputa col messo dell’Imperatore di Grecia intorno a cose specialmente di morale, indi, licenziato il messo, porge molti consigli ai suoi capitani.