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Istakhar, vede in sogno un suo giovane pastore, di nome Sâsân, assiso, con una spada indiana in pugno, sopra un elefante. Un altro sogno avuto nella notte appresso fa si ch’egli interroghi gli interpreti; uno di essi gli predice che Sâsân, un giorno, sarà re dell’Iran. Bâbek, appena desto, fa venirsi innanzi il giovane Sâsân, il quale asserisce di esser discendente di quel Sâsân che fuggì sdegnato dalla casa di Behmen, figlio d’Isfendyâr, allorquando Behmen sposò la figlia sua, la regina Humây, e diede il regno al figlio che da lei sarebbe nato. Bâbek, pieno di gioia, tiene il giovane in sua casa con molto onore e gli dà in isposa la figlia sua.

Frutto di questo connubio fu Ardeshîr, il quale cresce meravigliosamente bello e valoroso, tantochè anche il re Ardevân ne sente parlare. Il re scrive una lettera a Bâbek domandandogli il fanciullo, e Bâbek, piangente e desolato, invia il nipote alla corte. Là il fanciullo diventa ben presto il favorito del re; ma un giorno, mentr’essi erano alla caccia, Ardeshîr atterra con un colpo maestro un forte onagro. Sopraggiunto il re, egli vorrebbe l’onor di quel colpo, ma perchè Ardeshîr, nell’impeto giovanile, asserisce che la fiera fu uccisa da lui, il re sdegnato lo discaccia e lo manda alle stalle a prendersi cura dei destrieri reali. Il giovane offeso scrive una lettera all’avo suo Bâbek, che gl’invia diecimila cavalieri con denari e con consigli; e Ardeshîr con essi si dà a vita spensierata e a sollazzi d’ogni genere.

Ma di lui erasi invaghita la leggiadra Gulnâra, che era una bella di re Ardevân e custode dei suoi tesori. I due giovani facilmente s’accordano insieme e fuggono dalla reggia recando con