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nute come schiave le sue sorelle. Egli vi giunge travestito da mercante; e le sue sorelle che erano discese ad una fonte ad attinger acqua, lo riconoscono. Penetrato nella rocca co’ suoi guerrieri, egli vi mena orribile strage, uccide Argiâsp, ne fa appendere il figlio Kuhrem ad un palo, e libera le proprie sorelle. Una sua lettera annunzia allora a Gushtâsp la sua vittoria.

Isfendyâr domanda ora, in premio de’ suoi servigi, il trono, ma Gushtâsp richiede da lui un’altra prova. Egli osserva che Rustem che già rese tanti servigi agli antichi re, ora se ne sta inerte nel suo castello e ricusa di riconoscere la religione di Zerdusht. Vada adunque Isfendyâr, vinca in singolar tenzone il vecchio eroe e lo tragga, carico di catene, nel cospetto del re. Isfendyâr a malincuore si sobbarca alla difficile e poco onorevole impresa, ma Gushtâsp insiste, e Ketâyûna soltanto, la madre del giovane eroe, può con le preghiere vincerne la ripugnanza. Isfendyâr adunque parte con le sue schiere per il Zâbul o Segestân, laddove, appena giunto, egli invia il figlio suo Behmen con un suo messaggio a Rustem, per il quale il vecchio principe è invitato a presentarsi alla corte di Gushtâsp come schiavo. Rustem trovasi alla caccia e Behmen si reca laddove egli sta cacciando; là è testimone di alcune prove di valore e di forza inaudita di Rustem, al quale poi egli si rivela come figlio d’Isfendyâr. Invitato da Rustem a mensa, Behmen espone il suo messaggio, al quale Rustem, impensierito e dolente, risponde tosto, benchè, con molta moderazione, che egli è pronto all’obbedienza verso il suo re, dal quale anche accetterebbe le catene s’egli fosse colpevole, ma rifiutando sempre, come innocente, l’oltraggiosa proposta.