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Gang, donde chiede soccorso all’Imperator della Cina. Raggiunto anche là da Khusrev, egli manda il figlio suo Ginn da Khusrev con proposte di compor la gran contesa; ma anche queste proposte sono rigettate.
Riprese le ostilità, Khusrev prende Gang-dizh, e Afrâsyâb riprende la via della fuga, lasciati prigionieri dietro a sè Ginn e Garsîvez, mentre le donne di Afrâsyâb, cadute in potere del vincitore, ottengono da lui in dono la vita. Egli allora dà notizia a re Kâvus della sua vittoria.
Ma intanto Afrâsyâb ritorna con i rinforzi dell’Imperatore della Cina. Già si schierano gli eserciti, quand’egli, per un ultimo tentativo, avanza ancora, ma inutilmente, proposte di pace. Afrâsyâb tenta un assalto notturno e fugge; l’Imperatore e il Principe della Cina domandano la vita in dono a Khusrev, che invia i prigionieri e la preda nell’Iran al vecchio re Kâvus. Proseguendo il suo viaggio trionfale, egli si avanza verso la Cina e il Mekràn, laddove soltanto il re del Mekràn osa resistergli; è però ucciso da lui in battaglia. Khusrev passa il mare di Zirih pieno di esseri nuovi e spaventosi, e Afrâsyâb fugge sempre dinanzi a lui, solo, desolato, senza trovar rifugio in alcun luogo, finchè Khusrev, non sapendo più nulla di lui, si ritrae in Siyâvish-ghird e di là nell’Iran, presso il re Kâvus.
Intanto, Afrâsyâb, stanco e affamato, si ritrae in una caverna. Un pio uomo, di nome Hôm, della discendenza di re Frêdûn, un giorno, ode una voce di tale che si lamenta e chiede a Dio o di rendergli il regno o di farlo morire. Quella voce è di Afrâsyâb; Hôm allora discende nella caverna, si avventa sul misero e lo lega con un laccio per trascinarlo ai piedi di re Khusrev. Ma