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gono desolati dal campo. Ma Bîzhen e Gustehem li inseguono, li uccidono e ne riportano al campo degl’Irani i cadaveri sanguinosi. Khusrev intanto, fatto mozzare il capo a Gurvî, comanda che ai caduti campioni dei Turani e a Pîrân specialmente si dia onorifica sepoltura. I superstiti Turani ottengono da lui, pregando, e salvezza e perdono.
A questo punto Firdusi per un poco interrompe il racconto per far le lodi di Mahmûd e per lamentarsi della tarda età sua, della povertà e dell’obblio in cui vive.
Ma ormai è giunto il tempo nel quale dovranno prendere le armi Khusrev e Afrâsyâb, avo e nipote, nemici fra loro per fatale necessità. Essi preparano le schiere, e già gli eserciti stanno a fronte l’uno dell’altro, quando giunge presso di Khusrev il figlio di Afrâsyâb, Shêdah, con un messaggio del padre. Afrâsyâb fa mille offerte di tesori e di doni e di terre, confessandosi colpevole della morte di Siyâvish, benchè pronto a tentar la sorte delle armi, se Khusrev insiste a voler la guerra. Ma Khusrev risponde che egli non desidera nè doni nè offerte, ma vuole vendetta; e poichè un combattimento fra lui e Afrâsyâb, tra nipote e avo, non potrebbe che offendere un certo senso di morale, così egli combatterà con Shêdah, benchè Shêdah sia suo zio. Shêdah nel duello è atterrato e ucciso da Khusrev che, lamentando il fato che lo costringe a macchiarsi del sangue de’ suoi congiunti, gli fa dare onorevole sepoltura. Segue una battaglia fra Irani e Turani; Afrâsyâb fugge e Khusrev manda la notizia della sua vittoria al vecchio re Kâvus, nell’Iran. Segue allora un’altra battaglia, e Afrâsyâb sconfìtto si ripara in Bihisht-