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che è affidato a Rustem perchè l’educhi nel Segestân. Rustem compie con amore e con zelo il nobile ufficio: indi riconduce al padre il giovinetto, adorno d’ogni bella virtù.
Ma di lui, al vederlo un giorno presso il padre, s’invaghisce perdutamente la regina Sûdâbeh. Ella lo invita più volte a sè, cerca di vincerlo con mille arti: ma poichè Siyâvish resiste fermamente al colpevole amore, ella lo accusa presso il re d’aver tentato di oltraggiarla. Il re è dubbioso dapprima, nè sa decidersi a creder colpevole il figlio suo: ma poi, aggirato dallo arti di Sûdâbeh, dietro consiglio degl’indovini, propone a Siyâvish e a Sûdâbeh la prova del fuoco. Siyâvish si sottomette volentieri: e tosto in un campo aperto, alla presenza del re e della corte, egli passa illeso fra due cataste infiammate, mentre Sûdâbeh dall’alto di un terrazzo scaglia indarno su di lui le suo imprecazioni. Essa però dallo sdegnato re è condannata a morte e liberata soltanto dalle preghiere di Siyâvish.
Ma Siyâvish, dopo ciò ch’è avvenuto, non può più restare nella casa paterna senza pericolo: e poichè Afrâsyâb minaccia nuovamente dal Turan, chiede e ottiene dal padre di essere mandato alla guerra. Egli parte con un esercito e prende la città di Balkh e ne dà avviso al padre suo che riceve con gioia il fausto annunzio. Ma Afrâsyâb, spaventato una notte da un terribile sogno, chiede improvvisamente la pace mandando ostaggi e offrendo condizioni vantaggiosissime. Siyâvish accetta la proposta, conchiude la pace, riserbandosi di farla ratificare dal re, al qual fine parte dal campo Rustem medesimo con una lettera di lui. Ma Kâvus accoglie con aspri rabbuffi e con maligne ac-