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segno del giovane e lo soccorre di armi e di armati.

Sohrâb arriva alla Rocca Bianca, sui confini dell’Iran, prende quel castello e v’entra con tutti i suoi. Ma il vecchio Ghezdehem che ne era il custode, quella sera stessa, prima che Sohrâb espugnasse il castello, aveva spedito un corriero a re Kâvus dipingendogli lo straordinario valore del giovane guerriero, indi, con tutti i suoi, per una porta secreta era uscito dal castello, cosicchè, quando Sohrâb vi entrò, lo trovò deserto e abbandonato. Il re Kâvus, spaventato a quella notizia, manda Ghêv nel Segestân a chieder soccorso a Rustem. Ma Rustem ha tristi presentimenti, e quasi quasi indovina che quel giovane gagliardo è il figlio suo. Egli perciò s’indugia e lascia a malincuore il castello paterno per recarsi nell’Iran. Kâvus lo accoglie con acerbi rimproveri per il lungo ritardo, e Rustem, offeso, già sta per abbandonar la reggia e ritornarsi al suo castello, quando Gûderz con le preghiere e coi consigli ricompone il litigio, e Rustem si prepara con re Kâvus alla guerra.

Gli accampamenti nemici stanno omai di fronte, e Sohrâb dall’alto di un collicello dal quale si vede tutto il campo degl’Irani, domanda ripetutamente a Hegîr ch’egli aveva fatto prigioniero, qualche indizio di Rustem fra tanti eroi ch’egli vede nel piano. Ma Hegîr, per timore che Sohrâb non vinca Rustem e non privi l’Iran del suo più valido sostegno, non se ne dà per inteso e mostra perfino di ignorare chi sia Rustem. Sohrâb, preso da impazienza, veste le armi, discende al piano, entra minaccioso nel campo degl’Irani e atterra per metà la tenda di Kâvus.