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Shehd. Dopo i sollazzi della caccia, vengono il pasto degli eroi e il loro bere profuso, finchè, dietro proposta di Ghêv, essi entrano nei parchi di Afrâsyâb a farvi romorosa caccia. Ma Afrâsyâb, irritato e offeso, accorre con tutti i suoi, e s’impegna una terribile battaglia, nella quale cadono dalla parte di Afrâsyâb i suoi più valorosi, ed egli, cacciato da Rustem, si ritrae scornato e confuso nella sua terra.

Ma poi, un bel mattino, Rustem si reca alla sua caccia prediletta nei campi di Semengàn, laddove, dopo aver atterrato e arrostito un onagro per farsene cibo, egli si addormenta. Sopravvengono alcuni ladroni Turani che gl’involano il suo Rakhsh. L’eroe, destatosi, ne segue le orme fino alla città di Semengàn, laddove egli è ospitato con grandissimo onore da quel re, che gli fa restituire l’involato destriero.

Ma la figlia del re, la bella Tehmîneh, che già amava Rustem al solo sentirne celebrar le lodi, si reca la notte da lui e gli dichiara il proprio amore. Al giorno appresso, un sacerdote chiede in nome di Rustem la bella fanciulla al padre, che lieto e beato ne celebra le nozze in quel giorno stesso. Frutto di questo amore fu il giovane Sohrâb che crebbe presso la madre sua in Semengàn; Rustem, nel giorno stesso che seguì alle nozze, era partito, nè aveva mai veduto questo suo figlio. Ma Sohràb, giunto al sedicesimo anno, saputo chi era il padre suo, si propone di discendere nell’Iran per rintracciarlo, per rovesciare il re Kâvus dal trono e porvi in sua vece il padre. Perciò egli si trova un cavallo, si procaccia le armi, e mentre Tehmîneh non vorrebbe lasciarlo partire, Afrâsyâb, per suoi secondi fini, seconda il pazzo di-

Firdusi, I. 3