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guidato Rustem; Kâvus ritorna trionfante nell’Iran, e Rustem si rende carico di doni nel Segestân.

Seguono le guerre del re Kâvus coi re dei Berberi, d’Egitto, d’Hâmâverân (forse la Siria). Il re Kâvus s’invaghisce della bella Sûdâbeh figlia del re d’Hâmâverân e la ottiene dal padre come pegno di pace. Ma quel re che non aveva acconsentito di buon animo a quelle nozze, in un banchetto fa caricar di ceppi Kâvus e i suoi principi, li fa gettare in un oscuro carcere e manda con re Kâvus la sua stessa figlia Sûdâbeh.

Afrâsyâb allora solleva nuovamente il capo dal Turan ed entra nell’Iran. Gl’Irani si rivolgono a Rustem che accorre tosto dal Segestân, vince il re d’Hâmâverân in due battaglie, libera Kâvus co’ suoi principi, lo riconduce nell’Iran, laddove egli vince Afrâsyâb e lo costringe a fuggire.

Ma il presuntuoso re dà alcuni segni di pazzia. Egli si fa costruire dai Dêvi un magnifico palazzo sull’Alburz, indi dai Dêvi ingannatori che volevano vendicarsi del duro lavoro a cui il re li sottometteva, si lascia persuadere a salire al cielo. Lo stolto re si fa costruire un trono, ai quattro spigoli del quale egli fa avvincere quattro aquile. Le aquile agevolmente lo trasportano in alto, ma poi, al sopravvenir della fame nei fieri augelli, essi precipitano dall’alto e il re cade in una selva in vicinanza di Amol. Sopravvengono scandalizzati i principi irani e con acerbi rimproveri riconducono alla sua residenza il loro re.

Segue nel poema un racconto particolare e come staccato dal resto. — Rustem con sette eroi si reca alla caccia sulle sponde del fiume