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Frêdûn, discendente di Gemshîd, figlio di Abtìn, a ripigliarsi il regno de’ suoi padri. Egli avvincerà il tiranno nelle caverne del Demâvend per vendicar la morte del padre suo, che Dahâk aveva ucciso per nutrirne con le cervella i suoi serpenti. Da quel giorno Dahâk non ebbe più pace. Ma intanto Frêdûn era nato, e la madre sua, Frânek, per sottrarlo alle insidie del tiranno, lo aveva recato al monte Alburz e l’aveva consegnato ad un solitario abitatore di quei luoghi.

Ma poichè Dahâk non poteva trovar pace, un giorno egli domandò ai sacerdoti e ai principi suoi una dichiarazione per la quale si attestasse che egli non aveva mai offesa la giustizia. Già tutti apponevano il loro nome a quella carta menzognera, quando all’improvviso entrò nella presenza del re un uomo piangente e desolato. Quegli era Kâveh, il fabbro ferraio di Ispàhàn, che veniva a ridomandare al tiranno un figlio suo che gli sgherri reali gli avevano rapito. Il re gli fa rendere il figlio, purchè Kâveh apponga il nome suo a quella dichiarazione. Ma Kâveh, preso da giusta indignazione, lacera e calpesta quel foglio, e uscito dalla reggia, inalberando come vessillo di rivolta quel cuoio con cui si difendeva dal fuoco nel lavorare il ferro, raccoglie intorno a sè tutta la gente e con essa trae al monte Alburz per ricondurne il giovane Frêdûn, il legittimo signore dell’Iran, come discendente di Gemshîd.

Frêdûn, dato l’addio alla madre, discende dall’Alburz, passa il fiume Arvend (il Tigri), trova la reggia del tiranno, vi penetra abbattendone i talismani e si asside sul trono de’ suoi padri, accanto ad Ernevâz ed a Shehrnàz, sorelle di