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gli aveva impressi sulle spalle. Cibo degli orribili serpenti era soltanto di cervella umane, e Dahâk, per ammansarli, doveva ogni giorno toglier la vita a due infelici. Con queste opere crudeli, egli aveva acquistata una trista fama all’intorno, e gl’Irani, in quel tempo di scompiglio, ricorsero a lui perchè egli si facesse loro signore. Dahâk si tolse dai deserti d’Arabia, entrò nell’Iran e si diede alla caccia di Gemshîd che andò errando per cent’anni, finchè poi, preso sulle sponde del mare di Cina, fu fatto segare per il mezzo dall’empio tiranno.

Il re Dahâk. — Firdusi descrive il miserando stato dell’Iran sotto lo scettro di Dahâk. Ogni colpa, ogni opera trista, fu lecita allora, mentre ogni virtù era perseguitata. Ogni giorno due infelici erano immolati per cibarne con le cervella i due serpenti del crudo signore, finchè due giovani, Irmàil e Kermàil, sostituendo ogni giorno un agnello a uno dei due miseri e traendone le cervella, ne salvarono un buon numero, mandandoli nascostamente fuori della reggia al deserto. Dice la leggenda che questi, scampati da morte, furono i progenitori della stirpe bellicosa dei Curdi.

Il regno di Dahâk durò mille anni meno un giorno; ma quando non gli restavano più che quarant’anni, egli vide un terribile sogno. Gli parve che un giovane guerriero, con una clava in pugno dal capo di giovenca in lucido metallo, entrasse da lui, lo colpisse con quella clava e lo traesse incatenato fino al monte Demâvend. Gl’indovini chiamati in fretta non osano spiegargli il sogno; ma uno di essi, di nome Zìrek, all’udirne le terribili minaccie, gli predice che un giorno verrà con quella clava il giovane