Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/38


— 21 —

di re, che ogni giorno poneva la sella ad Ahrimane e lo costringeva a portarlo, come un destriero, per tutta la terra. Vinse in battaglia i Dêvi e li sterminò, e da quelli che egli risparmiò in vita, imparò l’arte mirabile della scrittura.

Il re Gemshîd. — Il re Gemshîd andò anche più avanti nella invenzione delle arti. Fabbricò le armi da guerra, filò e tessè la seta per farne vesti, divise gli uomini tutti in Sacerdoti, in Guerrieri, in Agricoltori, in Mercanti; aiutato dai Dêvi, fabbricò palazzi, torri e terme, trovò le pietre preziose, l’oro e l’argento, gli aromi e i profumi, l’arte della medicina e quella del navigare, istituì la festa del primo giorno dell’anno. Iddio stesso di tanto in tanto gli manifestava apertamente i suoi voleri e i suoi decreti.

Ma ben presto la superbia entrò nel suo cuore. Vedendosi solo signore di tutta la terra e autore di tante arti utili alla vita, osò dall’alto del suo trono, nella presenza dei principi e dei sacerdoti, proclamarsi Dio e creatore del mondo. Pronunciata appena l’empia parola, l’aureola luminosa che ricinge il capo dei re irani, visibile segno e simbolo della maestà reale, fuggì da lui, e il mondo intero cadde nello scompiglio e nella confusione. Più volte l’infelice domandò perdono a Dio della sua colpa, ma la maestà reale non gli fu più restituita.

Intanto viveva in Arabia l’empio Dahâk, il quale, datosi perdutamente al genio del male, aveva cooperato alla morte del padre suo, l’antico e virtuoso Mirdàs, aveva introdotto fra gli uomini l’uso del cibarsi di carni, dietro istigazione di Ahrimane, e aveva sugli omeri due serpenti natigli da due baci che Ahrimane stesso