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alcuni gli erano avversi, altri ne erano ammiratori; di questi, alcuni lo soccorrevano di denaro; quelli invece, ed erano specialmente gli altri poeti di corte, spargevano sul suo conto velenose calunnie, dicendo ch’egli era settario per aver celebrato con soverchio entusiasmo gli eroi dell’antica religione, e gli istigavano contro il primo ministro del Sultano, Hassan Maymendi cioè, che già nutriva mal celato rancore contro di lui, perchè Firdusi non l’aveva punto lodato, come altri, nel suo poema. Il ministro, che pure aveva avuto l’ordine di provveder di tutto il poeta, lo lasciava bene spesso mancar di ogni cosa necessaria. A queste cose accenna lo stesso Firdusi qua e là nel suo poema, ma non tanto quanto in questi versi in sulla lino di esso:

Ben molti

Grandi di Persia e dotti e di gran sangue,
Senza premio donar, li versi miei
Trascrivendo venìan. Da lungi io stava
A riguardarli assiso, e detto avresti
Ch’uom per mercè condotto er’io per quelli.
Altro che un «Bene hai fatto!» era la mia
Parte assegnata, e il vigor mio, per quello
«Bene hai fatto!», scemavasi frattanto
E si perdea. Ma chiusi erano i cofani
Degli antichi tesori, e quel serrarne
Alto il cor mi ferìa. Pur, fra que’ prenci
Di quest’alma città grandi o famosi,
Era Alì Dilemita, ei che ben giusta
Sua parte or tocca, ch’egli ognor, sereno
Dell’alma e liberal, l’opera mia
che bella procedeva, ebbesi cara.
Hussèyn Kotèyb è pur de’ generosi,

Qual non si tolse mai di me un sol detto