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VI. Consiglio di re Frêdûn con Erag’.

(Ed. Calc. p. 63-66).


     Partito il messo che da Salm venia,
Si assise il re dei regi, ogni pensiero
1190Per disvelar dall’intimo del core.
Eràg’ diletto ei fe’ chiamar, di gloria
Amante, e l’avvenir ch’ei prevedea,
Tutto a lui dimostrò. Que’ due miei figli,
Belligeri e superbi, a noi si volsero
1195Dall’occidente, ei disse. Io ben m’avveggo
Che tal sorte lor fean le stelle in cielo
Perchè lieta gioisse e si vantasse
Del male oprar l’anima lor perduta.
Ebber lontane e ben diverse case
1200Ad abitar, durezza è nel costume
Di quella terra... Ma fratello tuo
Il fratel si dirà, fin che sul capo
Ti splenderà regal corona. Muti,
Muti per poco il tuo bel volto, e niuno
1205Vedrai dintorno a te con pronta cura
Seduto al capezzal. Che se tu porti
Al ferro l’amor tuo, si avrà riposo
Da ogni contesa la tua mente. E intanto
Que’ due lontani figli miei, dall’ultimo
1210Confine de la terra, ogni secreto
Mi disvelàr del tempestoso core.
Ma tu, se all’opra correr vuoi, ti appresta,
Non t’indugiar, dischiudi ogni tesoro,
Le some appronta, e va. Meglio ti fia
1215Se al primo pasto afferrerai la coppa;
Se no, convito trïonfal la sera
Altri farà su te. Nè so che d’uopo