Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/252


— 235 —

Qual luna in ciel seren. Ma questo cielo
1120Che al suol la fronte mi curvò, per quanto
Giri, mai non si posa e al loco suo
Resta securo. Ond’è che il lungo tempo
Al suol vi umilierà l’ardita fronte,
E su voi passerà. Ma per l’eccelso
1125Nome di Dio santissimo e verace,
Pel sol che in ciel risplende, e per l’oscura
Terra che ne sostien, pel fulgid’astro
Che brilla a sera, e per l’errante luna,
Pel trono in che m’assido, e la regale
1130Benda che il capo mi ricinge, io giuro,
Giuro che male alcun farvi non volli,
Nè volli nè potei. Di sacerdoti,
D’indovini e di tal ch’erano illustre
Esempio di virtù, nella mia reggia
1135Accolsi un giorno alto consiglio, e poi
Che il fin di molte cose a noi fu dato
Di vedere in que’ dì, perchè giustizia
Guida ne fosse in dispartir quest’ampio
Mio regno, il dritto sì osservai che traccia
1140Non fu nell’oprar mio d’iniquo fatto,
Non al principio, non al fin. Timore
Di Dio mi stava entro nel petto. E il giusto
Qui in terra sì onorai, che quando il regno
Fu reso a me sì florido e ridente,
1145L’ampio popolo mio sperder non volli,
E a voi, miei figli, di propizia sorte
Chiare pupille, il trono mio concessi.
Che se lungi dal ver la mente vostra
Errando va, se il cor dei Devi il triste
1150Signor vi pervertì, pensi di voi,
Di voi pensi ciascun, se care a Dio
Son l’opre vostre. Ben dirovvi antica
Sentenza, ove l’udir non vi dispiaccia.
Ben vi dirò che, qual si gitta il seme,