Umile andasse e a china fronte. Eppure
Un festi a noi terribile e temuto
Come alito di drago e ne levasti
L’altero capo a rasentar le nubi; 1015E quei si asside con corona in fronte
Accanto al tuo guancial; luce da lui
Si prendon gli occhi tuoi! Ma non di madre
Da meno gli siam noi, se retto pensi,
Non gli siamo di padre, onde tu indegni 1020Del regal seggio ne stimassi. Oh! mai
Benedizion non sia su tua giustizia,
O giustissimo re! Che se fia tolta
La regal benda a quella fronte abietta
E libero sarà di sua presenza 1025Il loco suo, se gli darai nell’ampia
Terra alcun loco ad abitar. ’ve ascoso
Ei sia al tuo sguardo corno noi, pensiero
Sarà questo miglior. Se no, di Cina
E di Turania leveremo in armi 1030I cavalieri, i belligeri eroi
Anche di Grecia, esercito gagliardo
Di clave armato, e farem tristo scempio
D’Eràg’ e il suol devasterem d’Irania.
E il sacerdote a quel duro messaggio 1035Baciò la terra e si partì. Salìa
Su l’ardua sella rapido qual vampa
Spinta dal vento. A quella reggia ei venne
Di re Fredùn, là ’ve una casa eccelsa
Vide, che in seno a le vaganti nubi 1040Nascondea gli ardui tetti e da montagna
A montagna giugnea nella sua ampiezza.
Sedean sul regio limitar guerrieri
E prenci, e dentro a le riposte stanze
Era il loco de’ grandi. Ivi leoni 1045E pardi si vedean, da questa banda,
Al guinzaglio legali, e da quest’altra