Al tuo signor dirai (le mie parole 940Ben ti scolpisci nel fedel pensiero)
Che veramente il padre nostro, allora
Ch’eravam noi nel più bel fior degli anni,
Tristo inganno ci fe’, dolce fratello
Che la giustizia onori. Ei si piantava 945Un arbore così di propria mano,
Che frutti avrà sanguigni e amare foglie
Sui rami tristi. Or però vieni, e meco
Ti siedi alquanto a meditar su cosa
Cotanto grave. Penetrante sguardo 950E profondo consiglio oggi n’è d’uopo.
E un messo anch’ei spedia. Fra i prenci suoi
Tal che disciolta avea la lingua e pronta,
Al lontano signor con fiera brama
Tur invïava e gli dicea fremendo: 955Questo messaggio mio per me tu reca
Al mio fratello, e gli dirai: «Signore
Di mente accorta, che ogni tuo desio
Vedi compiuto, oh! sì davver che lunga
Pazïenza portar non debbe un forte, 960Non in loco sublime e non in basso!
Nullo indugio in tal cosa; allor che grave
Cura ne impende, riposarsi inerte
È fallace consiglio!». — E il messaggiero
Tal risposta recò. Svelato allora 965Fu de’ fratelli l’altissimo arcano
Che lor covava in cor, sì che di Cina
Un venne e l’altro si affrettò di Grecia,
E veleno con miel furon commisti
In orribile guisa. Essi, raccolti, 970L’uno accanto dell’altro, ogni secreta
Cosa, ogni aperta, ricercando stettero.
E scegliean tosto un sacerdote, assai
Di mente accorta e di nobil favella,
Di cor veggente e memore ed illusile.