Qual d’un alto cipresso. Oh! la dolente
Istoria pensa tu vigile e accorto, 905Qual non udisti di trascorsi tempi
Narrar giammai!... Di regal seggio degni
Eravam tre fratelli, e uscì maggiore
Di tutti noi, per giuoco di fortuna,
Il fratello minor. Che se di tutti 910Son io per anni e per saggezza il primo,
Al mio suggello imperial la terra
Soggetta esser dovea. Ma se la regia
Benda e il trono regal con la celata
Esser dovean da me sempre lontani, 915A nessun altro, fuor che a te, signore,
Dovean donarsi le regali insegne.
Ed or, ben si convien che grave doglia
Il cor ne punga; vïolenza e danno
Il genitor ne fe’, quando la terra 920D’Irania e il Yemen e i deserti campi,
D’astati eroi temuto albergo, a questo Eràg’ suo confidò; lasciò la Grecia
E l’occidente a me, Cina e Turania
Ti abbandonando. Così fu che Irania 925Venne al figlio minor pingue retaggio.
Oh! davver, che al mio cor questa del padre
Partizïon non torna! Il padre tuo
Dentro al cerèbro non ha fior di senno.
Così ’l messo inviò, così veloce 930Quei si partìa, fin che al turanio sire
Si appresentò. Con molto ardor, con molta
Di parole facondia ei le già udite
Cose gli espose, e quella d’ogni senno
Mente priva di Tur empiè di mille 935Vani e stolti pensieri. A quel secreto
Che svelato gli fu, d’un improvviso
Furor si accese qual leon rissoso
Il fiero prence, onde fe’ tal risposta: