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Dentro al suo cor pel subitano sdegno,
765Tur da noi detto sia, leon selvaggio
Cui non atterra un elefante ardito.
Un forte è la Virtù seduta in trono,
Ma di seggio regal quei non è degno
Che pusillo si fece... Il figlio mio
770Che fra gli altri è minor, prudenza accoglie
Nell’alma e di guerrier fermezza ardita;
Foga egli ha generosa e un savio indugio
Adoprar sa, come colui che sceglie
Fra terra e fuoco una ben giusta via
775Con molto senno. Giovinetto ancora
Egli è, ma saggio, ardimentoso e forte,
E qui lui solo ricolmar si debbe
Di molta lode. Nome adunque sia
Eràg’ di lui ben degno, e glorïosa
780Meta gli pongo, dominar le genti,
Ch’ei da principio fu leon gagliardo
E ardir mostrò con fermo cor nell’ora
Del suo periglio. Fu prudente e saggio
E prode e franco, nè dal loco suo
785Si mosse o indietreggiò... Ma, intanto, il labbro
Ch’io disciolga a nomar con molta gioia
Queste d’Arabia giovinette adorne!
     Arzùy fu detta allor la bella sposa
Di Salm da lui, quella di Tur l’adorna
790Azadeh-khùy chiamossi, e del gentile
Eràg’ diletto fu Sehì la pura
Donna chiamata, lei che di bellezza
Del Canopo vincea gli astri nel cielo.
     Quindi, con pronta cura, ei fece in pria
795Recarsi innanzi le vetuste carte
Ove descritti del rotante cielo
Eran gli astri sereni, e di cui tutti
Mostravano gli aspetti e i vari moti
Gli astronomi sagaci, e de’ suoi incliti

Firdusi, I. 15