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Con orecchini giù pendenti, segno
Di nostra servitù. Franche parole,
345Fermo e dritto operar, pregi son nostri,
Domar destrieri e palleggiar ferrate
Lancie, nostro è costume. Or, con le spade,
Farem di sangue rosseggiar la terra
Come rosseggia un torcolar pel vino,
350E leveremo al ciel l’aste lucenti,
Quante son canne in un canneto. Amore
Hai per le figlie tue? Leva il coperchio
A’ tuoi tesori e dà, ma chiudi il labbro
Alle promesse. Che se astuto pensi
355Consiglio in te, se dell’iranio regno
Temi per te, per tutti, a sue proposte
Con più grave proposta tu rispondi,
E tali sian le voglie tue, che modo
A soddisfarle non si vegga mai.

III. Nozze dei figli del re Frêdûn.

(Ed. Calc. p. 52-56).


     360De’ savi alla risposta, incerto il sire
Di Yemèn si restò, fine o principio
Non vi trovando in suo pensier; ma tosto
Chiamar fe’ del gran prence il messaggiero,
Parole molte ebbe con lui, di molte
365Lusinghe intramezzate, indi soggiunse:
     Servo al tuo re son io, legge mi è sempre
Il suo comando. E gli dirai che s’anche
Egli è grande sul trono, e veggo e intendo
Di qual pregio dinanzi agli occhi suoi
370Esser debbon tre figli. Ei la crescente
Prole ha cara, ancor più da che mostrârsi
I saggi figli suoi degni d’un trono.