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Che tre figlie si avea veracemente
200L’antico re, quali cercava il sire
Che l’invïò, sì che gli corse a’ piedi,
Ratto qual è un augel che innamorato
Corre a le rose or ora aperte, e il suolo
Riverente baciò, vènia chiedendo,
205E benedisse a quel gran re con questi
Detti festosi: Eternamente, o sire,
Possa tu in alto sollevar la fronte;
L’alma tua luce sempre investa e sempre
Il tuo soglio regal, la tua corona!
     210E di Yemèn il re così rispose:
Dalla tua lode mai non cessi questa
Mia lingua! Or dinne qual messaggio rechi,
Qual comando ne porti. E sei tu un messo
Veramente, o un gran re d’inclita fama?
     215E Gendèl rispondea: Lieto mai sempre
Viver tu possa, o re, lungi ti sia
D’ogni malvagio la proterva mano!
Venni d’Irania, e schiavo umile sono,
Qual gelsomin celato, ed un messaggio
220Reco di Yèmen al signor. Per lui
Di Fredùn regnator reco un saluto;
Ho pronta una risposta ai suoi dimandi,
Se dimandar gli piace. Anco a te viene
Da re Fredùn benedizione, e grande
225È per certo colui che il mio signore
Spregiar non sa! Quand’io partiva, in questa
Guisa Fredùn mi favellò: «Dirai
Di Yemèn al signor che, fin che odori
Il muschio in terra, sua fragranza ei sparga
230Su l’alto seggio. Da ogni danno il cielo
Ti preservi, o signor, nella persona;
Lungi sen vada il duol, regio tesoro
S’accumuli per te! Signor di queste
Arabe genti (e sempre la tua stella

Firdusi, I. 14