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Che Gendèl vïator nome si avea,
Che intatta fede in tutte cose al suo
165Prence serbava, e sì gli disse: L’ampia
Terra percorri, e fa che tre fanciulle,
Figlie di prenci giovinette, degne
De’ figli miei trovar tu possa, a mia
Stirpe real convenïenti, e d’ogni
170Bellezza adorne. Ancor non abbia il padre
Per tenerezza loro imposto un nome,
Perchè non corra per maligne labbra
Voce su lor. Ma vergini sorelle
Sian d’un sol padre e d’una stessa madre,
175Come alate Perì leggiadre in viso,
D’inclita stirpe di regnanti scese.
     Gendèl come del sire udì tal detto,
Disegno accorto in sè formò quel saggio,
Chè di vigile cor, prudente e in molte
180Arti era esperto, e gli scorrea dal labbro
La facile favella. In gravi cose
Grande l’ingegno suo. Dalla presenza
Dell’Iranio signor venne all’aperto,
Scelse compagni di specchiata fede
185E ratto in via si pose. E in pria d’Irania
Valicando i confini, ampia ricerca
Fe’ in ogni loco e fe’ parole ed ebbe
Risposte assai, chè in ogni terra, dove
Regnasse un prence a cui vergini figlie
190Crescesser con amor dentro a le case,
Ogni secreto a investigar con cura
Gendèl si fea, ne udìa la voce e il nome
Cercavane pur anco. Or, fra que’ prenci
De’ villaggi all’intorno egli nessuno
195Vide o trovò che del regal connubio
Degno si fosse. Ma quell’uom preclaro,
D’intatto corpo e d’anima serena,
Giunse appo Serv, di Yèmen sire, e intese