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Ogni scampo a mal far per un intenso
Desìo che avea nel cor d’opre leggiadre,
135Così come conviensi ad uom prudente
E liberal. Ma il regno suo quel saggio
E magnanimo re fece sì bello
Qual’è su in cielo degli eletti spirti
La sede eccelsa, chè cipressi e rose
140Egli ovunque piantò, d’erbe nocive
E selvaggie nel loco. E allor che scorsi
Furon cinque anni di sua vita industre,
Vennero a lui tre dolci figli. E sorte
Fu questa del gran re, chè tre fanciulli
145Nascean così, di nobil sangue e degni
D’una corona tutta d’or sul capo.
Statura avean di nobile cipresso
I regi infanti e fresche e rubiconde
Gote qual’è dell’anno giovinetto
150La più bella stagion, pari a quel grande
In tutte cose. Ma dei tre fanciulli
Due da Shehrnàz erangli nati, e l’altro
Più piccioletto d’Ernevàz leggiadra
Era parto giocondo. Il genitore,
155Per molto amor, per tenerezza, un nome
Trovato ancora non avea, quantunque
Già gli elefanti vincessero al corso
I giovinetti; ma costante il sire
Su lor tenea lo sguardo, or che di trono
160E di serto regal parean ben degni.

II. Andata di Gendel.

(Ed. Calc. p. 49-52).


     Ma un giorno a sè chiamò tra i prenci suoi
Il magnanimo sire un uom preclaro