Di te qui resterà memore e viva
Una parola. Quel ricordo e quella 1515Parola non stimar cosa leggiera!
Angiol di Dio non era in terra il saggio
Fredùn regnante, nè di muschio o d’ambra
L’avea composto il ciel; ma tal fortuna,
Ben che mortal, per sua giustizia e grazia 1520Ebbesi in terra. Ond’è che se tu adopri
Grazia e giustizia, altro Fredùn sarai.
Fredùn possente opra compiea divina
Liberando la terra; e fu di tante
Imprese sue questa la prima, in ceppi 1525Ch’egli solo gittò l’uom tristo e reo,
Dahàk malvagio. Vendicò del padre
L’anima santa e su la retta via
Pose la gente ancor. Seconda impresa
Fu questa; e allor che d’ogni mala stirpe 1530Purificò l’irania terra e tolse
A ogni più tristo illecita possanza,
La terza egli compì. — Ma tu, natura,
Quanto se’ infida e instabile e crudele!
Nutrì tu stessa e ciò che nutrì, uccidi! 1535Di re Fredùn che tolse il regno illustre
All’antico Dahàk, vedi la sorte
Fallace e trista! Cinquecento ei visse
Anni e regnò. Partissi alfine, e solo
Di lui rimase l’inclito suo seggio. 1540Partì quel grande, e l’ampio regno ad altri
Abbandonò, con sè recando solo
Un flebile sospiro. E noi siam tali,
Grandi e piccoli, tutti, o sia che duce
Esser tu voglia di vaganti greggi, 1545O sia che un di quel gregge esser tu voglia.