Io stare’ qui con voi, con voi di lunghi
Giorni passar vedrei l’ore gioconde.
Dinanzi a lui baciarono la terra
I prenci allora, e si levò infinito 1445Strepito al ciel di timpani sonori
Dalle soglie del re. Là tenean volti
Al palagio regal gli sguardi eretti
I cittadini, lamentando il breve
Soggiornar di Fredùn nella lor terra, 1450Fin ch’ei fuori adducea, dentro a que’ lacci
Che meritò, l’uom de’ serpenti. Allora
Da quell’erma città, senza che parte
Vi toccasser di preda o di rapina,
Le squadre uscìan, recando in su la schiena 1455D’un cammel, turpemente incatenato,
Montato al dorso in vergognosa foggia,
L’empio Dahàk. Così fino alle mura
Di Shirkhàn popolosa il tumultuante
Drappello s’avanzò. — Ma tu, l’antico 1460Racconto quando udrai, pensa di quanta
Longeva età sia carco il mondo! Assai
Giorni son corsi da quel tempo antico
Su que’ monti deserti e su quel piano,
E molti ancor ne scorreranno! — Intanto 1465Il giovinetto eroe, vigil fortuna
Cui dall’alto guidava, a quelle mura
Sospingea di Shirkhàn dentro a’ suoi ceppi
Dahàk avvinto, e s’internò fra i monti
Là ’ve battergli al suol volea la testa 1470Da un sol colpo recisa. In quell’istante
Seròsh apparve. L’angelo beato
Con dolce atto e cortese al giovin prence
Secreto un motto susurrò agli orecchi,
Così dicendo: L’infelice avvinto 1475Traggi correndo alle deserte valli
Del Demavènd così, senza che alcuno