Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/211


— 194 —

Stavane un altro, tutti dell’antica
Città, con l’armi, e quanti avean guerriera
Fermezza in cor, mostràrsi al giovinetto
1300Prence devoti, ei che dolente il core
Avean per l’arti di Dahàk. Dall’alto
Delle mura cadean pietre, mattoni
Giù dai tetti scendean, spade e volanti
Frecce d’un legno ben compatto e greve,
1305Giù nella via, qual gelida gragnuola
Che da nuvole fosche agglomerate
Scende talor, nè loco ove riparo
Fosse da’ colpi, allor non era. E quanti
Erano prodi giovinetti in quella
1310Città famosa, quanti eran provetti
Guerrieri esperti di battaglie e d’armi,
Corser festosi a crescere le file
Di Fredùn battagliero, ogni magìa
Di Dahàk ripudiando. E già per tante
1315Grida di eroi la montagna echeggiava,
Piegava il suol de’ cavalli accorrenti
Sotto le zampe risonanti ed alto
Si agglomerava un nugolo di polve
Di quella schiera, e schiantavan le selci
1320Della montagna di tante aste all’urto.
     Allor da un tempio al vivo Fuoco eretto
Venne tal grido: Se di re sul trono
Sarà posta a seder selvaggia fiera,
Giovani e vecchi obbedirem noi tutti
1325Al suo comando, nè il comando suo
Trasgredirem giammai. Ma non vogliamo
Dahàk sul trono, l’empio re che nutre
Sovra gli omeri suoi due serpi attorti.
     Così guerrieri e cittadini insieme,
1330In un sol gruppo qual montana cima,
D’un moto si gittâr dentro la pugna
Rabbiosamente, e sùbito la polve