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Mi fa giustizia Iddio dall’alto cielo,
Ogni vestigio del reo serpe in terra
Io sì cancellerò, libero il mondo
1090Da cotal peste per me andrà. Ma voi
Dite, o fanciulle, il ver; dite ove sia
L’uom dispregiato de’ serpenti. — Allora
Tutto gli aprîr le fanciulle vezzose
L’alto secreto. Se a te fia concesso
1095Entro la force, gli dicean, del tristo
Serpe la testa rinserrar, ch’ei scorre
D’India la terra, altri narrò. Vi corse
Riti arcani a compir, là nelle case
Di gente addetta a magic’arti. A mille
1100Innocenti ei torrà la cara vita,
Ch’ei trema pel destin che lo minaccia
Da molti e molti giorni. E un dì gli disse
Un uomo accorto e sapïente: «Ratto
Sgombra di te sarà quest’ampia terra,
1105E Fredùn piglierà l’alto tuo loco.
E già cade e precipita la sorte
Che fin qui ti sostenne». Or pien di fuoco,
Pien di rabbia è quel cor per tal presagio,
Grave e incresciosa è la sua vita. E intanto
1110Uomini e donne ed animanti il crudo
A morte adduce in sua stoltizia, il sangue
In una conca ne versando, e quivi,
Entro a quel sangue, le sue sozze membra
Tuffando va perchè degl’indovini
1115L’augurio cada. Ma que’ negri serpi,
Su le sue spalle, orribile prodigio
Son di lungo tormento. Egli da questa
A quella regïon passa furente,
Nè in loco alcun trova riposo, tanta
1120Gli viene angoscia da que’ mostri. E intanto
Di suo ritorno tempo è giunto. Oh! mai,
Mai non si avveri il suo venir fra noi!