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Qual è d’una giovenca il capo eretto
805Con ardue corna. Stesero la mano
All’opra i fabbri con intenta voglia,
E poi che tutta della ponderosa
Clava fu l’opra a fin condotta, in folla
Nella presenza del signor novello
810Festosi la recâr, sì come sole
Che fiammeggia nel ciel, tutta splendente
D’un arcano fulgor. Piacque l’industre
Opra de’ fabbri al giovin prence, e molto
Oro ed argento lor donò con vesti,
815Ravvivando nel cor la morta speme
In più lieto avvenir, giorni sereni
Annunzïando. Se avverrà, dicea,
Ch’io sotterri l’orribile serpente,
Dalla polve del duol la fronte vostra
820Purificar saprò. Tutta la terra
Novellamente menerò a giustizia,
Invocando di Dio l’augusto nome.
V. Partenza di Frêdûn.
(Ed. Calc. p. 38-42).
Parve il sole toccar pel cielo errante
Fredùn col capo altero, alla vendetta
825Del padre accinto, e uscì festoso e lieto
Nel giorno di Khordàd, con sorte amica,
Con lieto augurio. Alle sue soglie innanzi
Stuol s’accolse d’eroi; le nubi in cielo
Rasentò veramente il trono eccelso
830Ov’ei sedea. Ma gli elefanti e l’ampia
Schiera de’ tori precedea con ricca
Provvigione allo stuol de’ suoi guerrieri.
Keyanùsh e Purmàyeh erano al fianco
Del novello signor, lieti, devoti