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ancora alcune figure mitiche che, per essere una stessa cosa con le iraniche, fanno intendere che esse appartengono ad un tempo anche più antico, in cui, secondo le congetture dei dotti, Irani e Indiani dovevano abitare uno stesso paese, formando un popolo solo, quando i nomi di Irani e d’Indiani erano ancora ignoti.

Con tanta antichità che la leggenda epica può vantare, è cosa strana forse che essa abbia tardato tanto ad essere raccolta con cura e vestita di una forma poetica, degna di essere tramandata ai posteri. Certamente, anche in remotissime età, vi furono canti epici popolari, e un esempio di ciò si potrebbe anche trovare nella leggenda di Yima, al secondo capitolo del Vendidàd nell’Avesta, in cui il Westphal per il primo ravvisò un racconto di epopea. Quel racconto delle prime imprese di Yima che iniziò l’agricoltura, ampliò la terra abitabile e fabbricò il recinto in cui salvò gli uomini e gli animali e i semi delle piante da quella intemperie, una specie di diluvio, che Ahura Mazdào gli aveva predetto, è assolutamente di natura epica e può riguardarsi come un primo tentativo di canto epico; esso, benchè apparentemente in prosa, fu anche ridotto agevolmente alla sua forma metrica primitiva. Forse furono molti i tentativi fatti per dar bella forma poetica a queste antiche leggende; e certamente, prima che la perfezione della poesia di Firdusi potesse essere raggiunta, gl’ingegni poetici dell’Iran, se ve ne fu qualcuno, dovettero far lunghe e ripetute prove; così la perfezione di Omero può riguardarsi, sotto un certo rispetto, come il frutto, di molti e molti tentativi antecedenti.

Ma noi nulla sappiamo di tutto ciò. Lasciando