340Né udita mai descrivere da saggi
O da vegliardi in molte cose esperti.
Piena frattanto di scompigli strani Dahàk rendea quest’ampia terra e tutte
Le sparse regioni ei percorrea 345Fredùn cercando. Abtìn del pargoletto
Era il misero padre, ed era angusta
La terra a lui, grama la vita e trista.
Ei si fuggìa di qua di là, ma sazio
Divenne alfin del viver suo dolente 350E del fero leon cadde nel laccio
All’improvviso, chè gl’immani sgherri
Dell’empio un giorno l’incontràr soletto
E il presero, e qual belva di catene
Oppresso il trascinàr. Ma il trasse a morte 355Dahàk subitamente; e allor che il tristo
Fato vedea dell’infelice sposo
La saggia madre di Fredùn, costei
Che donna era preclara, alto ornamento
Dell’età sua, qual fortunata pianta 360Da cui, frutto giocondo, un re possente
Era nato alla terra, essa che nome Franèk avea, prudente e accorta e piena
D’un caldo amor pel figlio suo bennato,
Venne, correndo e con la morte in petto 365E in ira al fato, ai solitari alberghi
Di gente ignota, alla campagna, al loco
Ove Birmàyeh, la giovenca illustre,
Per li boschi pascea, vaga e leggiadra
Nelle agili sue membra. E l’infelice 370Pregò al cospetto dolorosamente
Del guardian di quegli alpestri lochi,
E bagnando le gote e il sen di pianto
Così a lui favellava: Oh! tu ricevi
E proteggi per me questo fanciullo 375Lattante ancor, per alcun tempo. A lui