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E in secreto e in palese, e sonni intanto
310Ei non avea, non cibo e non quiete,
E il chiaro dì per lui s’intenebrava.
III. Nascita di Frêdûn.
(Ed. Calc. p. 31-34).
Lungo tempo trascorse, e già vicino
Era a l’estremo dì l’uom che le serpi
Attorte aveva a le sue spalle. Intanto
315Nascea dalla sua madre il fortunato
Fredùn gagliardo, per cui venne in terra
Nuovo costume allor. Crebbe quel prode
Come agile cipresso entro la selva,
E gli splendea di re dei re nel volto
320La maestà, chè di Gemshìd la luce
Viva brillava su quell’alta fronte,
Ed egli a questo sol che splende in cielo,
Veracemente era simìl. Qual pioggia
Che a tempo vien, comparve egli alla terra
325Oppressa e stanca; all’alme de’ mortali
Fu qual scïenza in un’angoscia estrema;
E il ciel volgea su lui rotando in giro
Placidamente, e nell’amor di lui
Compiacersi parea. Pur da que’ giorni
330La giovenca Birmàyeh ora di tutte
L’altre giovenche la più bella, e quando
Uscì dall’alvo della madre, in vista
Sembrò quale un pavon leggiadro e vago,
Chè ogni suo pelo d’un color diverso,
335Fresco e vivo, ora tinto. A lei dintorno
Si adunàr prontamente e sacerdoti
E astrologi e indovini e sapïenti,
Chè niuno in terra mai sì nuova e bella
Giovenca vista avea con gli occhi suoi,